domenica 11 marzo 2018

Florence


Florence Ascani di Torresecca si fermò a osservare il vapore che saliva dal fianco meridionale dell’argine sul quale lei e Aurora camminavano in compagnia dei cani liberi dal guinzaglio. Il sole si faceva strada nella nebbia e scaldava il terreno, dissolvendo pian piano la brina depositatasi durante la notte di febbraio.
Abbaiando, Pezza si avvicinò alla giovane, invitandola a muoversi. Florence le accarezzò la fronte e il collo sorridendo, quindi raggiunse a passi rapidi la zia.
“Bello vedere cosa possono fare i raggi del sole in pochi minuti, vero? - domandò Aurora felice di ritrovare l’emozione con cui la nipote viveva la scoperta di fenomeni sconosciuti a chi, come lei, aveva vissuto la propria vita in città - La natura può essere affascinante anche in un luogo come questo… un lembo di campagna italiana piatto e privo di particolari attrattive.”
“Non è affatto privo di attrattive… Lo dici perché tu vivi qui e tutto per te è familiare… abituale…”
“Mi è familiare, certo, ma, in realtà, non lo considero affatto privo di attrattive. Ogni giorno apro gli occhi sicura che scoprirò qualcosa di nuovo. La natura offre sempre sorprese che incantano chi, come noi, sa apprezzarle, Florence.”
“Mi piacerebbe poter dire che tutti sanno apprezzarle, ma mi rendo conto che non è così.”
“Godiamoci la nostra condizione di privilegiate - Aurora sorrise ancora e mosse la mano invitandola a proseguire - Meglio camminare, il sole scioglie la brina, ma non mi sembra scaldare abbastanza i nostri corpi… o almeno il mio…”
“Sì, meglio muoversi.”
Ripresero il cammino silenziose, l’una accanto all’altra sull’ampia strada sterrata al sommo del largo e alto argine che sembrava una difesa esagerata rispetto al modesto corso d’acqua che scorreva alla loro destra.
“L’acqua può essere molto pericolosa da queste parti - disse Aurora intuendo ciò che pensava Florence. Proseguì indicando un punto ancora indistinguibile oltre la pur tenue coltre di nebbia -. Il nostro fiume, che scorre laggiù, ancora pochi decenni fa, ha causato gravissime inondazioni. Non è grande quanto il Po, ma può essere altrettanto violento. Non ricordo l’anno esatto, ma verso la fine dell’Ottocento ci fu una piena disastrosa, che provocò numerose vittime e sommerse gran parte della Bassa. Il canale accanto a noi ora appare un insignificante e pacifico corso d’acqua, ma io l’ho visto più volte scorrere impetuoso e salire fino a sfiorare la sommità dell’argine. E in un paio di occasioni sembrava che potesse inondare le nostre terre.”
Florence annuì senza dir nulla, osservando l’acqua trasparente, che a ridosso delle rive, soprattutto quella in ombra, era ancora coperta da sottili lastre di ghiaccio.
“Sembra difficile credere che qualcosa possa minacciare la serenità di questi luoghi - disse dopo un po’ -. Nell’Ottocento fu sommersa anche questa zona?”
“No, è rimasta come un’isola fortunata e ha dato accoglienza a centinaia di persone in fuga dall’inondazione… Quando torniamo a casa ti farò vedere un libro che parla di quella piena… Ha segnato un cambiamento importante nella storia della Bassa, perché ha dato impulso alla sistemazione idraulica dell’area, ma credo sia meglio leggere insieme e non fare affidamento sulla mia memoria…”
“Quanto deve essere cambiata la vita da allora…”
Florence lasciò la frase in sospeso, il tono incerto tra domanda e affermazione.
“E’ stata trasformata abbastanza profondamente, non tanto, tuttavia, da eliminare alcune condizioni inaccettabili… - disse Aurora indicando un fabbricato dal cui tetto sfondato si ergevano i fusti spogli di alcuni alberi - Costruzioni simili a questa ospitavano anche dieci… quindici famiglie. In una proprietà come la mia, durante alcuni periodi dell’anno, lavoravano molte decine di braccianti. La loro esistenza era poverissima, inimmaginabile per noi… E fino all’inizio del secolo scorso la vita si svolgeva in ambienti anche più malsani di costruzioni misere come questa. Li chiamavano casoni… muri di paglia e fango e tetti di canne. L’alimentazione era insufficiente… causava malattie e spesso non bastava per sopravvivere. All’inizio del secolo scorso, grazie anche a sovvenzioni pubbliche, sono stati costruiti edifici in muratura come questo, ma le condizioni di vita sono cambiate poco… intimità forzata, igiene a dir poco precaria e ancora alimentazione inadeguata. Poi la meccanizzazione ha cambiato per sempre l’agricoltura e la vita di questa terra e di chi ci viveva e dei pochi che ancora ci vivono.”
“Tanto che le case che ospitavano quelle famiglie sono crollate e le piante crescono in mezzo alle rovine… - nella voce di Florence più che tristezza traspariva sgomento - E le storie di tante persone svaniscono così… coperte da macerie e da radici di alberi…”

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