mercoledì 6 giugno 2018

Ascanio


Ascanio Ascani di Torresecca si avvicinò maggiormente ad Aurora e le cinse le spalle con il braccio destro senza dir nulla. Immobili con i volti accostati alle vetrate osservavano il vento rabbioso che piegava le piante di granoturco e faceva turbinare la pioggia e la grandine nella luce che il temporale arrivato improvviso aveva attenuato e tinto di colori malati.
A pochi metri da loro, oltre la rete che separava il giardino dai campi, il mais tentava di resistere alle raffiche che si succedevano senza sosta e si facevano più rabbiose col passare dei minuti.
Alzando lo sguardo per osservare oltre le foglie più alte che ondeggiavano quasi disperatamente, Ascanio vedeva il susseguirsi di vortici di pioggia che, come piccole nuvole bianche, percorrevano ora la campagna da ponente, non più da oriente, segno che la proprietà di Aurora si trovava al centro della perturbazione e che davanti a loro si stava forse formando una tromba d’aria.
Si guardò bene dal parlare del proprio timore e piegò la testa a sinistra per osservare Pezza, che adagiata ai suoi piedi guaiva piano. Anche Daisy e Astro erano immobili a poca distanza da loro: l’insolita quiete rivelava anche nei cani la consapevolezza della violenza di quanto accadeva all’esterno.
Si chinò per accarezzare delicatamente la fronte di Pezza, arruffando piano per poi sistemarlo il folto pelo ormai imbiancato dal tempo. Lei smise di guaire e si distese più rilassata sul pavimento, godendo il contatto con la mano di Ascanio, che la fissava con tenerezza malinconica, incapace di allontanare dalla mente quanto Aurora gli aveva rivelato pochi giorni prima: Pezza aveva un tumore cerebrale.
Condivideva la decisione della sorella di lasciare che la malattia facesse il suo corso. Anche solo sottoporre Pezza a esami più approfonditi poteva esporla al rischio di morire: a oltre quindici anni d’età, l’anestesia generale necessaria per effettuare una risonanza magnetica poteva ucciderla. Assurdo anche solo ipotizzare un intervento chirurgico, che sicuramente si sarebbe rivelato un inutile passaggio crudele, una sofferenza che, senza garanzia di allungarla, avrebbe certo reso peggiore la vita di Pezza.
Quando riportò lo sguardo sulla campagna, Ascanio vide che la violenza della burrasca si andava attenuando, consentendo di osservare meglio gli effetti. Davanti a loro le piante di granoturco erano in gran parte allettate, stese quasi orizzontali, adagiate al terreno, in una posizione così innaturale da provocare un senso di sgomento e di tristezza poco diverso da quello provato nel riflettere sul destino di Pezza.
“La crudeltà della natura… - mormorò Aurora con voce calma - Distrugge quello che ha fatto nascere e crescere…”
“Non è detto che il raccolto sia perduto.”
“Lo dirà il tempo…”
Aurora si mosse e fece un cenno quasi impercettibile con la mano, invitandolo a seguirla fuori dallo studio verso la cucina.
Mentre lei preparava le ciotole per i cani, Ascanio mise sul fuoco la pentola dell’acqua per cuocere la pasta e aprì una bottiglia di Girapoggio. Il rosso vigoroso e intenso avrebbe forse attenuato il senso di smarrita tristezza di entrambi.
Pesati gli spaghetti, osservò Aurora che mescolava le numerose medicine nella razione destinata a Pezza. Si rese conto che gli occhi gli si inumidivano nel pensare che, presto o tardi, inevitabilmente, la sorella si sarebbe trovata nella condizione di dover decidere se la sofferenza della dolce e affettuosa meticcia andava interrotta.
Come altre volte da quando aveva saputo della malattia, Ascanio non poté evitare di chiedersi se fosse giusto che l’uomo decidesse per il cane. Il dubbio non riguardava la sorella, ma tutti i padroni di un cane. Già parlare di padrone a proposito di un essere vivente pareva ad Ascanio un abuso, una forzatura intollerabile.
E ancora, nel riflettere sulla decisione che Aurora si sarebbe trovata a dover prendere, Ascanio pensò a quanti si permettevano di stabilire limiti alle scelte individuali di ogni cittadino italiano. Un arbitrio, una violenta e inaccettabile interferenza nella libertà di ogni persona di disporre della propria esistenza, soprattutto in condizioni che la rendessero non più adeguata alla aspettative e alle necessità individuali.
Nel vedere Pezza avvicinarsi alla ciotola e iniziare a mangiare con avidità anche maggiore rispetto al passato, Ascanio sorrise con tenerezza e con sollievo, incline a pensare che ancora avesse davanti a lei alcuni mesi in cui sarebbe stata vivace e allegra, una compagna meravigliosa per Aurora e per Daisy e Astro. E anche per lui, che pure trascorreva con loro solo qualche giorno ogni tanto.
“Musica?”
Alla domanda di Aurora Ascanio si limitò a rispondere muovendo appena la testa affermativamente.
Pochi istanti più tardi nella casa si diffusero le note del basso di Charles Mingus che precedevano quelle del sassofono alto di Eric Dolphy. Una delle versioni più belle di Stormy Weather che Ascanio avesse mai ascoltato. La musica, anche se tormentata, a tratti simile a un lamento, riusciva a rasserenarlo. Come sempre. 
Iniziò a tagliare il guanciale per la carbonara.

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