lunedì 25 giugno 2018

Aurora


Aurora Ascani di Torresecca passò dall’incubo alla veglia di soprassalto. Le dita tremanti cercarono l’interruttore della luce sul comodino e l’accesero mentre si metteva seduta sul letto, respingendo dolcemente con i piedi i cani che le si erano immediatamente avvicinati, muovendo le code in modo che svelava quanto apprezzassero l’inattesa opportunità di manifestarle affetto in piena notte.
Il respiro e il battito del cuore erano ancora frenetici. Non riusciva a liberarsi del ricordo riapparso nel sogno. Si scoprì ad allungare la mano destra alla ricerca di un pacchetto di sigarette, come se fosse tornata indietro nel tempo, a quando aveva trascorso notti assai peggiori di quella.
Era accaduto nel periodo in cui ancora viveva a New York, e per diverse settimane, sino a quando aveva deciso di tornare in Italia, non solo durante il sonno, aveva rivisto innumerevoli volte le immagini impresse nella sua memoria la mattina dell’11 settembre, all’esterno del palazzo di Deutsche Bank, a poche decine di metri dalle Torri Gemelle, mentre si concedeva voluttuosamente un’ultima Marlboro prima di entrare per dirigere la riunione che l’attendeva. 
Il mondo era cambiato sotto i suoi occhi. Aurora lo aveva pensato immediatamente. Paralizzata a osservare le fiamme che avvolgevano la sommità della Torre Nord, pur non conoscendo le ragioni del fuoco divampato rabbioso dopo l’esplosione, da subito si era convinta che non vi potesse essere casualità in quell’evento e si era chiesta quanto profondamente quella tragedia avrebbe inciso sulla vita della gente in ogni angolo del pianeta.
L’inutile ricerca della sigaretta durò pochi istanti e quel gesto ormai assurdo la fece sorridere, aiutandola a tornare nel presente e attenuando la tensione. Avvicinò la mano alle teste dei cani, seduti davanti a lei in attesa di una carezza. Ne ricevettero molte, mentre Aurora riprendeva a respirare regolarmente e anche la frequenza cardiaca tornava normale.
Si rese conto che le dita indugiavano più a lungo su Pezza, i cui occhi le sembravano fissarla ormai in modo diverso. Più probabilmente, Aurora ci rifletteva spesso, era la sua sensibilità a essere mutata, a indurla a osservare ogni movimento e ogni comportamento di Pezza come un segnale di progresso della malattia.
Si chinò per sfiorare con le labbra la fronte di tutti e tre i cani, quindi si alzò dal letto e si mosse verso la porta, consapevole che non avrebbe ritrovato il sonno. Raggiunse lo studio seguita da Pezza, Daisy e Astro, sorridendo nel rendersi conto che, come sempre, ognuno dei tre cercava di starle più vicino, ma nella competizione non appariva mai nessun segno di violenza e, anzi, i loro movimenti sembravano un gioco, una sorta di recita replicata per lei, uno degli innumerevoli modi in cui cercavano di compiacerla.
Prima si sedere alla scrivania, ancora si chinò baciarli e con un gesto li invitò a prendere posto sotto il tavolo, subito esaudita.
Con movimenti automatici accese il computer e attese i pochi secondi necessari perché si avviasse, quindi lanciò Firefox e iniziò a esplorare le pagine dei quotidiani. Si susseguivano giorni turbolenti, ovunque nel mondo le vicende della politica le sembravano muoversi lungo crinali sempre più scoscesi, mettendo a rischio la debole stabilità di terreni che Aurora temeva potessero presto cedere e franare in maniera irrimediabile.
Ancora la mente tornò alle fiamme che avvolgevano la Torre Nord e ancora ripensò al timore maturato dentro di lei, quasi diciassette anni prima, in quel luminoso giorno di settembre.
Parlando con diversi amici e con i fratelli e le sorelle, Aurora aveva scoperto che non solo a New York l’estate aveva regalato una giornata bellissima, un cielo terso e un clima caldo, ma gradevolmente privo di umidità. Era accaduto in quasi tutta l’Europa continentale, ma anche nell’Inghilterra meridionale e altrove. 
Quasi tutte le capitali e le maggiori città europee avevano appreso dell’attacco in un giorno inondato dal sole. A lei era parso impossibile considerarla una coincidenza: non poteva essere frutto del caso che la distruzione delle Torri Gemelle fosse avvenuta in un giorno in cui il clima era stato splendido in alcune nazioni, quelle che, anche dopo l’11 settembre, avevano coltivato l’illusione di poter disporre arbitrariamente dei destini del mondo.
Il dissolversi dei due edifici, cui aveva assistito da lontano, dopo che, quando già il secondo aereo si era infilato nella Torre Sud, un vigile del fuoco l’aveva costretta a distogliere lo sguardo dai grattacieli che bruciavano e ad abbandonare la zona, aveva rappresentato per Aurora la conferma del contestuale dissolversi di certezze, di valori, di principi, di regole, di gerarchie intuito negli istanti successivi al primo impatto.
Si era sforzata di riprendere la sua vita, ma dopo pochi mesi aveva capito di non poter restare a New York e si era imbarcata per tornare in Italia, dove aveva acquistato l’azienda agricola e aveva lasciato alle proprie spalle non solo l’ambiente della finanza, nel quale aveva raggiunto presto prestigio e ricchezza, obiettivi cancellati dal suo orizzonte senza procurarle emozioni, ma anche le relazioni, rivelatesi fragili, condizionate dall’opportunismo e dalla consuetudine, di un ambiente chiuso, dal quale si usciva per sempre.
Scosse la testa leggendo un altro articolo che illustrava come, ancora una volta, la Turchia si fosse affidata alla prepotenza di Erdogan. E si scoprì a elencare mentalmente i paesi nei quali gli elettori avevano scelto uomini che avevano proposto troppo facili risposte ai bisogni delle loro interiora, preoccupandosi assai poco delle conseguenze delle promesse da cui si erano lasciati affascinare.
Aurora vedeva ricrearsi nel mondo condizioni simili a quelle che avevano provocato le due guerre più cruente della storia dell’umanità. Pensò con gratitudine e con malinconia al delicato equilibrio ricco di speranza e di condivisione costruito da pochi lungimiranti politici in cui aveva vissuto durante l’adolescenza, la giovinezza e parte della maturità. Ignoranza ed egoismo di tanti cittadini del mondo, che non capivano di essere tali, esponevano la sua vecchiaia ai pericoli ai quali, fortunatamente, erano sopravvissuti i suoi nonni e i suoi genitori.


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