sabato 5 dicembre 2020

Ascanio

Avere la consapevolezza del proprio limite è paradossalmente segno di grandezza di mente e di cuore.

Gianfranco Ravasi


Ascanio Ascani di Torresecca osservò gli occhi scivolosi di R.B., il chirurgo che, oltre quattro anni prima, lo aveva operato di ernia inguinale. Con che esiti lo sentiva ogni giorno, troppe volte, tante da giustificare la decisione di incontrarlo di nuovo e di come farlo.

“Qual è il suo problema, Signor… - R.B. guardò il foglio posato sulla scrivania accanto al MacBook - Signor Frigo?”

Nemmeno si preoccupava di chiedere se avesse diritto a un titolo. Sbrigativo e indifferente, come, pochi istanti prima, gli aveva indicato con sufficienza la sedia di fronte a lui. Ascanio pensò che anche il suo amico Roberto, che gli aveva consentito di servirsi della sua identità, avrebbe sorriso di fronte ai modi del chirurgo. Entrambi avevano smesso di dar peso a ciò che ne ha poco.

Ascanio studiò ancora lo sguardo scivoloso, poi fissò i lunghi capelli bianchi, anch’essi apparentemente scivolosi. Tornò a osservare gli occhi, alla ricerca di un segno che il suo aspetto risultasse familiare al chirurgo. Non ne vide e dentro di sé provò sollievo: la mascherina, la barba e il nome diverso, ma, più ancora, la frettolosa arroganza del chirurgo lo rendevano irriconoscibile. Poteva proseguire nel piano elaborato nelle precedenti settimane, quando il desiderio di vendetta gli era parso meritare soddisfazione, sia pure entro limiti netti e precisi, che avrebbe saputo rispettare. 

“Sono stato operato di ernia inguinale destra… quattro anni fa… non in Italia, purtroppo… Intervento riuscito male. Ho numerosi disturbi. Dolori e disturbi… più intensi con il passare del tempo. Peggiorano.”

“Dov’è stato operato? Intendo dire in che paese…”

“A Singapore - Ascanio evitò di sottolineare l’inutilità della precisazione di R.B., anche se era intrigante l’idea di farlo - Alexandra Hospital.”

“Si trovava lì per turismo? E’ stato operato d’urgenza?”

“No, vivevo lì allora. No, non è stato un intervento in urgenza, ma programmato. Potrebbe conoscere il chirurgo che mi hai operato…”

“Non credo… e, comunque, non ha importanza… Mi descriva i dolori e i disturbi.”

Ascanio lo fece, usando più o meno le stesse parole che aveva impiegato nel maggio del 2017, quando, a distanza di cinque mesi dall’intervento, aveva voluto incontrare il chirurgo con la speranza, rivelatasi illusione, che ne scaturisse una possibilità per liberarlo, almeno in parte, dalle tante conseguenze negative dell’ernioplastica.

La descrizione non richiedeva un livello di concentrazione tale da impedire ad Ascanio di ritrovare nella memoria un’immagine assai nitida dei suoi incontri con il chirurgo seduto davanti a lui. Il giorno precedente l’intervento, dopo tutti gli esami preliminari, nel primo pomeriggio R.B. aveva voluto vedere Ascanio nel proprio studio. Un incontro di pochi minuti, che si era svolto alla presenza di tre assistenti, tutte e tre donne, le quali erano rimaste in piedi una accanto all’altra appena dietro il loro direttore, il quale non era parso aver altro argomento che il vino, tema del quale lui e Ascanio avevano parlato brevemente durante la visita avvenuta un mese addietro, al termine della quale avevano deciso per l’operazione da effettuarsi in regime di libera professione.

Quelle chiacchiere inutili, che avevano fatto perdere tempo a lui, ma più ancora al chirurgo e alle assistenti, erano apparse una stravaganza spiegabile solo con la volontà di R.B. di affermare il proprio ruolo e il proprio potere, cui le tre donne, con la posizione e con l’atteggiamento verso il direttore, avevano dovuto dare conferma. 

Ascanio si accingeva a concludere la descrizione e osservava lo sguardo di R.B., che rimaneva scivoloso mentre ascoltava, ancora distante e distratto. Diversamente, però, da quando Ascanio, a pochi mesi dall’intervento, aveva detto parole quasi uguali, non si mostrava incredulo e non manifestava dubbi riguardo alla sintomatologia che gli veniva descritta. La misura delle cose, con ogni probabilità, cambia in base a quanto ci si sente coinvolti. E all’opinione di sé. E R.B. confermava in Ascanio la convinzione che l’intelligenza quasi mai s’accompagna a una troppo alta opinione di sé.

“Sì, è stato chiaro, Frigo - disse il chirurgo prima ancora che Ascanio terminasse - Ora la visito… si distenda sul lettino e scopra l’area interessata.”

L’esame fu rapido, eseguito prevalentemente in silenzio, interrotto dal chirurgo solo per confermare, a suo modo, quanto indicato da Ascanio, il quale, ancora, non potè evitare di pensare a come fosse diverso rispetto al passato l’atteggiamento di R.B., persino incline a commentare, sia pure prudentemente, l’operato del collega asiatico.

Una volta rivestito e seduto di fronte dal chirurgo, Ascanio lo ascoltò descrivere, abbastanza  in fretta, ciò che lui già sapeva; una spiegazione neppure troppo tecnica e svolta così da scaricare con discrezione, ma nitidamente, la colpa sul presunto artefice cinese degli errori. Seguì una proposta di intervento che, tuttavia, avrebbe potuto risolvere solo in parte i problemi, sebbene eseguito da chi li aveva perfettamente compresi e sapeva come affrontarli. A suo dire.

Quando R.B. ebbe terminato e lo guardò in attesa di conoscere la sua decisione, Ascanio si alzò senza aprire bocca e indossò il pesante giaccone, osservando divertito lo sconcerto del chirurgo.

“Mi chiamo Ascanio Ascani di Torresecca - disse dritto di fronte a lui, senza neppure sforzarsi di parlare con un tono di voce particolare, convinto che non fosse necessario - Il chirurgo di cui ha descritto gli errori è lei. Del suo operato si occuperanno gli specialisti svizzeri nella mia imminente autopsia. E se, come penso ora con maggior certezza, troveranno prova che lei ha eseguito l’intervento in modo inappropriato, saranno i miei avvocati a prendersi cura di lei, sia civilmente che penalmente, barone. Con la b minuscola.” 

Si voltò e uscì dall’ambulatorio. 

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